Da uno studio effettuato a cura di Unioncamere è stato preso in esame il periodo fra il 2004 e il 2013 per esaminare la distribuzione delle richieste di tutela della proprietà industriale in ambito comunitario
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L’obiettivo di questo lavoro è quello di offrire alle istituzioni, alle stesse imprese e all’opinione pubblica del Paese strumenti più efficaci di analisi delle strategie di innovazione tecnologica e di differenziazione del prodotto praticate dalle aziende e dai gruppi italiani. Un know how che può rivelarsi prezioso per aiutare soprattutto quelle piccole e piccolissime imprese a recuperare competitività sui mercati globali.
I risultati emersi:
-le imprese sono i principali fruitori di cui per l’88% di brevetti europei dell’EPO, insieme ai marchi comunitari (pari al 89%) e dei modelli (pari al 93%) dell’UAMI (Ufficio per l’Armonizzazione nel Mercato Interno).
-In diminuzione (circa 6ml) il numero di imprese che hanno trattato, al minimo, un brevetto europeo
-restano salde (circa 4ml) le società che hanno depositato almeno un disegno comunitario
-in forte crescita (superiori ai 14ml) le aziende che si avvalgono della protezione per prodotti e servizi tramite la registrazione di un marchio comunitario.
A proposito di ciò:
-la registrazione dei brevetti: con quasi il 33% da parte della Lombardia per brevetti italiani registrati all’EPO:
-Il 20% trattano la manifattura avanzata, ma il tasso di crescita più rilevante (6,3% annuo) se lo aggiudicano le green technologies, ovvero la produzione di energia da fonti rinnovabili, la gestione dell’inquinamento, l’efficienza energetica, i problemi dei trasporti e della mobilità sostenibile.
-Design: I settori risultano essere quelli considerati più tradizionali del “made in Italy” come la casa, l’arredamento, la moda, l’illuminotecnica e il packaging, etc.
-Proprie produzioni: sempre più numerosi i ricorsi ai marchi comunitari per la registrazione a tutela con un aumento medio annuo pari al 4,8%.
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