L’acquirente di un pc ha diritto al rimborso del valore di mercato del sistema operativo o dei software installati sul pc se decide di restituirli per installarne altri di propria scelta
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Normalmente la vendita di un computer è abbinata all’acquisto di un sistema operativo e di altri software preinstallati.
Di conseguenza, acquistando un hardware, si è costretti ad accettare il sistema operativo e i software installati dal produttore del PC.
Ciò soprattutto per i computer portatili, per i quali non operano rivenditori che, come avviene per le macchine fisse, su richiesta dell’acquirente
assemblano le varie parti della macchina.
Dal punto di vista dell’acquirente invece le considerazioni fondamentali riguardano il marchio dell’hardware – preferito per fidelizzazione, consiglio di un esperto, convenienza del prezzo – ed il sistema operativo, che rappresenta una componente essenziale del PC.
Data l’importanza del sistema operativo, è fondamentale per l’acquirente scegliere il proprio PC per le sue caratteristiche tecniche hardware
e non perché vi è abbinato un determinato sistema operativo preinstallato piuttosto che un altro.
In altre parole, l’acquisto della macchina e di uno specifico sistema operativo ha pertanto ad oggetto due beni non inscindibili dal punto di vista tecnico.
Ne discende il diritto del consumatore di pretendere il rimborso del costo del preinstallato se preferisce un diverso sistema operativo e altri programmi specifici.
Così secondo il Giudice di pace di Firenze nella decisione qui esaminata, che ha stabilito che il diritto al rimborso discende dal fatto che le condizioni del contratto di uso del software sono conosciute dall’acquirente solo dopo l’acquisto.
Si badi: acquirente, non consumatore, in quanto quello affermato in tale decisione pare affermarsi un principio giuridico relativo alla compravendita in generale e non solo a quella tra professionisti e consumatori.
Infatti nella sentenza viene fatto espresso riferimento ad obblighi di natura codicistica, quale quello di eseguire in buona fede il contratto (art. 1375 c.c.), ma non viene presa mai in esame né la qualità (consumatore o meno) dell’acquirente né vengono richiamate le disposizione del Codice del consumo o, normative speciali a tutela dei consumatori.
La decisione del Giudice di Pace di Firenze
Sul presupposto del fatto, ammesso dalla stessa convenuta, che la inscindibilità tra hardware e sistema operativo è solo di natura commerciale e non tecnica, il giudice ha affermato che il software M. esistente sui computer prodotti dalla società convenuta, viene da quest’ultima elaborato in una versione specifica e direttamente installato al fine di garantire un miglior funzionamento del prodotto completo immesso sul mercato.
Il Giudice ha stabilito che il contratto di licenza d’uso intercorre tra l’utente e il produttore del computer o di un suo componente» (hardware) presso il quale l’utente ha acquistato il prodotto.
Inoltre la licenza prevede il diritto dell’utente al rimborso qualora non accetti le condizioni del contratto.
L’affermazione della convenuta secondo cui tali previsioni costituiscono clausole stabilite unilateralmente da M. e, perciò, attenendo ad un rapporto cui la società produttrice è estranea non la obbligherebbe, non è stata ritenuta fondata dal giudice.
Infatti il contratto di licenza, quando anche predisposto unilateralmente dalla M., non può che essere stato il frutto di accordi commerciali tra le due società. Ne consegue che la società produttrice ha accettato e fatto proprio il testo del contratto di licenza nel momento stesso in cui ha effettuato l’installazione sul suo hardware offrendo poi in vendita il prodotto finale.
Dunque, in assenza di diverse condizioni di vendita preliminarmente concordate dal produttore con il compratore, il primo risponde delle
relative clausole nei riguardi del secondo.
Secondo il Giudice di pace inoltre la clausola del contratto di licenza, così come formulata, ha significato solo se interpretata nel senso di stabilire il diritto al rimborso: sembrerebbe del tutto singolare che il produttore invitasse il compratore a domandare informazioni sul rimborso
per poi rispondergli che non è previsto.
Il rimborso è pertanto dovuto poichè per l’utilizzo del software è in essere un contratto separato, con condizioni che il compratore non ha però possibilità di conoscere se non dopo aver comprato il prodotto (né è certo sufficiente a tal fine che gli opuscoli indichino che il computer è
equipaggiato con un «certo» software).
Né infine può ritenersi valida alternativa al rimborso del valore del software quella del rimborso totale del prodotto acquistato, in assenza
del relativo consenso dell’acquirente.
Né ha rilevanza sugli effetti giuridici del rapporto di cui trattasi può avere il fatto che sia possibile trovare in commercio anche hardware privo di
software, sia pur di altri produttori.
La società convenuta è stata pertanto condannata a rimborsare a M.P. il valore dei programmi M., stabilito in via equitativa in € 140,00,
prezzo indicato in causa dall’attore con riferimento al valore di mercato dei software, non contestato dalla stessa Società convenuta.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto ritualmente notificato il sig. M. P. citava dinanzi a questo Giudice la società X, esponendo di aver acquistato nel settembre 2005 un computer tipo notebook (…) con preinstallato software M. (…) e di aver richiesto alla produttrice X il rimborso del costo di quest’ultimo previa restituzione dello stesso, come da istruzioni riportate nella relativa licenza d’uso.
(…)
Si costituiva la convenuta la quale precisava che la inscindibilità tra apparecchiatura e sistema operativo dei suoi prodotti, era non tecnica ma commerciale in conformità agli usi invalsi nello specifico settore nel quale era prevalente l’interesse dell’utente finale ad avere un prodotto completo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Riconosciuta in causa dalla X la scindibilità tecnica tra struttura del computer (hardware) e sistema operativo presente su di esso (software), è risultato altresì che il software M. esistente sui computer da lei prodotti, e quindi anche sul notebook di cui trattasi, vi viene da essa direttamente installato apportandovi gli opportuni adattamenti, tanto da dar luogo ad una versione specifica dell’originale da considerasi diversa da quello e propria del produttore di hardware (…), al fine del miglior funzionamento del prodotto completo immesso sul mercato.
Tale software contiene il cosiddetto contratto di licenza d’uso (…) con le condizioni per il suo utilizzo da parte del compratore. Il testo prodotto in causa dall’attore, ma confermato dalla convenuta, dichiara preliminarmente che tale contratto intercorre tra l’utente e il «produttore del computer o di un suo componente » presso il quale l’utente ha acquistato il prodotto, precisando anche che il termine computer viene utilizzato per indicare l’hardware. Aggiunge che qualora l’utente non accetti le condizioni del contratto «dovrà contattare prontamente il produttore per ottenere informazioni sulla restituzione del prodotto o dei prodotti e sulle condizioni di rimborso in conformità alle disposizioni stabilite dal produttore stesso».
Afferma la convenuta che tali clausole sono state stabilite unilateralmente da M. e attengono ad un rapporto cui essa è estranea. Così non sembra, stante che non vi è dubbio che il produttore di cui si parla sia quello dell’hardware essendo il contratto medesimo a chiarirlo, e che, anche ammesso che il testo possa essere stato predisposto unilateralmente dalla M. appare non credibile che esso non sia stato conosciuto dalla X essendo verosimile piuttosto che esso sia il frutto di accordi commerciali intercorsi tra le due società.
In ogni caso deve ritenersi da lei accettato e fatto proprio, nel momento stesso in cui l’ha installato sul suo hardware offrendo poi in vendita il prodotto finale.
Dunque ad avviso del giudicante, in assenza di diverse condizioni di vendita di quest’ultimo preliminarmente concordate con il compratore, la convenuta risponde delle relative clausole nei riguardi dello stesso.
(…)
Del resto il rimborso appare dovuto, sussistendo per l’utilizzo del software un contratto separato (con condizioni oltretutto molto particolari) che il compratore non ha possibilità di conoscere prima di aver comprato il prodotto (né è certo sufficiente a tal fine che gli opuscoli indichino che il computer è equipaggiato con un «certo» software) e che, se non accettato, impone appunto di restituire quella parte dell’acquisto lasciando il compratore con un prodotto comunque diverso e di minor valore rispetto a quello pagato.
Né infine può valutarsi come valida alternativa quella del rimborso totale del prodotto acquistato, in assenza del relativo consenso dell’acquirente.
D’altro canto nessuna rilevanza sugli effetti giuridici del rapporto di cui trattasi può avere il fatto che sia possibile trovare in commercio anche hardware privo di software, sia pur di altri produttori.
(…)
Per quanto detto si ritiene che la convenuta società debba essere condannata a rimborsare al P. il valore dei due indicati programmi M., previa loro restituzione.
Sulle modalità di quest’ultima non può il giudicante pronunciarsi, essendo questa domanda nuova svolta in sede conclusionale, osservando soltanto che le clausole contrattuali vanno eseguite secondo buona fede e perciò astenendosi da condotte vessatorie ed ostruzionistiche, come stabilisce l’art. 1375 c.c. Circa l’importo del rimborso, ritiene il giudicante che in assenza di specifiche contestazioni di parte convenuta, possa confermarsi in via equitativa quello complessivo di Euro 140,00 richiesto dall’attore con riferimento al prezzo di vendita sul mercato dei due programmi in questione (…).
Articolo a cura del Dott. Barnaba Accardi
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