L’articolo 2, comma 29 del decreto ha sostituito i periodi secondo, terzo e quarto del comma 2-bis dell’articolo 51 del TUIR, come introdotti dal comma 25 dell’articolo 36 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, i cui contenuti sono stati illustrati nel paragrafo 36 della circolare n. 28/E del 2006.

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Come si ricorda, all’assegnazione di azioni effettuata nei confronti di soggetti titolari di reddito di lavoro dipendente o assimilato si rende applicabile la disciplina delle stock option contenuta nell’articolo 51, comma 2, lettera gbis), del TUIR. Tale disposizione agevolativa prevede una forma di esenzione di una quota parte del reddito di lavoro dipendente in misura corrispondente alla differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione del diritto di opzione e l’ammontare corrisposto dal dipendente per l’esercizio delle opzioni stesse, a condizione che il predetto ammontare sia almeno pari al valore delle azioni stesse alla data dell’offerta. 

Inoltre, sempre ai sensi della medesima disposizione, le partecipazioni, i titoli o i diritti posseduti dal dipendente devono rappresentare una percentuale di diritto di voto esercitabile in assemblea ordinaria o di partecipazione al capitale non superiore al 10 per cento.

Non verificandosi entrambe le condizioni, la differenza concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente.

Prima delle modifiche apportate dal decreto, l’applicazione delle disposizioni agevolative era subordinata, ai sensi del citato comma 2-bis dell’articolo 51 del TUIR, al verificarsi di ulteriori determinate condizioni e in presenza di taluni limiti. In particolare, le azioni offerte non dovevano essere cedute né costituite in garanzia prima che fossero trascorsi cinque anni dalla data dell’assegnazione e il valore delle azioni assegnate non doveva essere complessivamente superiore, nel periodo d’imposta, alla retribuzione lorda annua del dipendente relativa al periodo d’imposta precedente (cosiddetto “parametro retributivo”).

Tali nuove disposizioni si sono rese applicabili alle assegnazioni di azioni effettuate successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo d.l. n. 223 del 2006 (quindi a decorrere dal 5 luglio 2006), anche se i relativi piani erano stati deliberati anteriormente a tale data.

Ciò premesso, l’articolo 2, comma 29 del decreto, nel sostituire i periodi secondo, terzo e quarto del comma 2-bis dell’articolo 51 del TUIR, ha eliminato dalle condizioni per fruire del regime in esame il predetto parametro retributivo ed ha modificato gli ulteriori requisiti richiesti per l’applicazione dell’agevolazione fiscale. In particolare, la norma prevede che la disposizione di cui all’articolo 51, comma 2, lettera g-bis) sia applicabile esclusivamente a condizione che:

a) l’opzione sia esercitabile non prima che siano scaduti tre anni dalla sua attribuzione;
b) al momento in cui l’opzione è esercitabile, la società risulti quotata in mercati regolamentati;
c) il beneficiario mantenga per almeno i cinque anni successivi all’esercizio dell’opzione un investimento nei titoli oggetto di opzione non inferiore alla differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e l’ammontare corrisposto dal dipendente.

Al riguardo, con riferimento alla prima condizione, la norma intende incentivare il processo di fidelizzazione dei destinatari dei piani di stock option, in genere legati al periodo di crescita di valore dei titoli ai quali si riferisce il diritto di opzione (cosiddetto “vesting period”) il quale, pertanto, non può essere inferiore a tre anni.

Tale condizione va verificata in concreto secondo le specifiche previsioni contenute nei piani deliberati dalle società. A tal fine, si ritiene che i piani in corso, già deliberati prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina, ove non

prevedano un termine per l’esercizio dell’opzione oppure ove prevedano un termine inferiore ai tre anni, possono essere adeguati per poter usufruire dell’agevolazione, senza che tali modifiche costituiscano fattispecie novative.

La seconda condizione posta dalla norma è che, al momento in cui l’opzione è esercitabile sulla base del relativo piano, nel rispetto del requisito temporale del triennio, le azioni della società emittente siano ammesse alla quotazione in un mercato regolamentato, italiano o estero. 

Per quanto concerne la sussistenza della condizione in commento, si osserva come non sia sufficiente il fatto che la quotazione delle azioni sia stata semplicemente disposta, essendo necessario che le azioni risultino effettivamente negoziate nei mercati regolamentati al momento in cui l’opzione è esercitabile (cfr. circolare n. 306/E del 23 dicembre 1996).

Come si evince dalla Relazione governativa al decreto, quindi, la condizione della quotazione deve essere verificata in capo alla società emittente le azioni assegnate e, quindi, rientrano nella disciplina di favore – sempreché siano rispettate le altre condizioni – anche i piani di stock option deliberati da società non quotate qualora le azioni da essa assegnate siano emesse da una società del gruppo quotata.

A differenza della norma previgente che imponeva un vincolo di indisponibilità delle azioni assegnate per un periodo quinquennale, la nuova norma prevede che il beneficiario debba mantenere per almeno i cinque anni successivi all’esercizio dell’opzione non tutte le azioni ricevute, bensì un “investimento nei titoli oggetto di opzione non inferiore alla differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e l’ammontare corrisposto dal dipendente”.

In sostanza, l’oggetto del vincolo è costituito dalla differenza tra il valore normale dei titoli assegnati e l’ammontare pagato dall’assegnatario in modo tale da consentire lo smobilizzo o la costituzione in garanzia di un numero di azioni corrispondente all’esborso effettuato dal dipendente.

Ad esempio:

• numero di azioni offerte = 120
• valore unitario delle azioni offerte = euro 8,3
• valore complessivo delle azioni al momento dell’offerta = euro 1.000
• valore normale unitario delle azioni al momento dell’assegnazione = euro 13,3
• valore normale complessivo delle azioni al momento dell’assegnazione = euro 1.600
• prezzo pagato dal beneficiario = euro 1.000

La differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e il prezzo pagato dal beneficiario del piano, pari a euro 600, non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente, a condizione che vengano mantenute nei cinque anni successivi all’assegnazione un numero di azioni corrispondente a euro 600, ossia 45 azioni. Pertanto, 75 azioni possono essere vendute o date in garanzia anche prima che siano trascorsi cinque anni dalla loro assegnazione.

In sostanza, una volta effettuato il calcolo del numero delle azioni che non possono essere cedute o date in garanzia nel quinquennio, stabilito alla data dell’assegnazione delle azioni, tale numero di azioni deve essere mantenuto indipendentemente dalla circostanza che il valore delle azioni subisca modificazioni nel corso del predetto periodo.

In tal modo, il dipendente non è costretto ad acquistare un numero maggiore di azioni per tenere fede al valore dell’investimento da mantenere, nell’ipotesi in cui il valore delle azioni diminuisca.

Qualora le azioni che dovevano essere mantenute (nell’esempio le 45 azioni) siano anche parzialmente cedute o date in garanzia prima che siano trascorsi cinque anni dalla loro assegnazione, l’importo che non ha concorso a formare il reddito di lavoro dipendente al momento dell’assegnazione (nell’esempio, euro 600) è assoggettato a tassazione nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione o la costituzione in garanzia.

In tal caso, in sede di determinazione dei redditi diversi di natura finanziaria, può essere assunto come costo il valore delle azioni assoggettato a tassazione in qualità di reddito di lavoro dipendente (nell’esempio, 13,3 per azione).

Qualora una parte delle azioni sia stata ceduta prima del quinquennio, nel numero consentito dalla norma (nell’esempio, 75 azioni) e sia stata, pertanto, corrisposta l’imposta sostitutiva sul relativo reddito diverso di natura finanziaria e le restanti azioni (nell’esempio, 45 azioni) siano anch’esse successivamente cedute, sempre prima del quinquennio, considerato che l’intera differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e l’importo corrisposto dal dipendente viene assoggettata a tassazione come reddito di lavoro dipendente (nell’esempio, euro 600), l’imposta sostitutiva precedentemente corrisposta in relazione alla prima cessione effettuata può essere chiesta a rimborso, ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.

Qualora i termini per esperire l’istanza di rimborso ai sensi di quest’ultima disposizione siano scaduti (ad esempio, se alla data della cessione delle azioni prima del quinquennio sono trascorsi 48 mesi dal versamento dell’imposta sostitutiva relativa alla prima cessione) il contribuente può attivare la procedura di cui all’articolo 21, comma 2, secondo periodo, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ossia presentare domanda di restituzione dell’imposta entro due anni dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione che, in tal caso, è rappresentato dalla cessione delle azioni prima dello scadere del quinquennio (in senso conforme c.f.r. risposta all’interrogazione n. 5-00420 “Fenomeni di doppia imposizione fiscale derivanti dall’applicazione della nuova disciplina delle stock option” presentata in commissione finanze della camera il 29 novembre 2006).

Così come chiarito nella citata circolare n. 28/E del 2006, ai fini dell’individuazione del momento impositivo della predetta differenza in qualità di reddito di lavoro dipendente, assume rilevanza la notizia, acquisita dal datore di lavoro, dell’avvenuta cessione delle azioni da parte del dipendente, sempreché il cessionario non sia lo stesso datore di lavoro o la società emittente. 

Pertanto, il datore di lavoro deve applicare le relative ritenute nel primo periodo di paga utile, successivo all’avvenuta conoscenza del presupposto impositivo, anche per effetto di un’apposita comunicazione del dipendente.

Trattandosi, quindi, dell’applicazione di una norma agevolativa che condiziona i suoi presupposti alla sussistenza di un determinato requisito giuridico – temporale (possesso di un determinato numero di azioni per almeno un quinquennio), il datore di lavoro-sostituto d’imposta è tenuto ad informare i destinatari dell’assegnazione agevolata circa l’obbligo di comunicare tempestivamente allo stesso le eventuali cessioni delle predette azioni, anche successivamente all’eventuale cessazione del rapporto di lavoro.

Nell’ipotesi in cui il contribuente che ha ricevuto l’assegnazione delle azioni abbia cessato il rapporto di lavoro, intraprendendone uno nuovo con altro datore di lavoro ovvero sia collocato a riposo, il precedente datore di lavoro deve comunicare al nuovo datore di lavoro o all’ente che eroga il trattamento pensionistico l’importo del valore che questi deve assumere a tassazione, unitamente al reddito di lavoro dipendente o al trattamento pensionistico erogato (cfr. C.M. n. 326/E del 23 dicembre 1997 e Ris. n. 186/E del 12 giugno 2002). 

In mancanza o in caso di ritardata comunicazione da parte del precedente datore di lavoro, il nuovo datore di lavoro o l’ente pensionistico, informato dal dipendente della sussistenza di un fringe benefit derivante dal precedente rapporto di lavoro, è tenuto ad attivarsi al fine di conoscere il predetto importo.

Qualora il contribuente non intrattenga un altro rapporto di lavoro dipendente o assimilato ovvero non percepisca un trattamento pensionistico, le ritenute relative al reddito di lavoro dipendente derivante dalla cessione delle azioni o dalla loro costituzione in garanzia devono essere operate dal datore di lavoro che aveva assegnato le azioni, previa comunicazione dell’evento da parte del lavoratore cessato e corresponsione della relativa provvista.

Le nuove disposizioni si applicano alle assegnazioni di azioni effettuate a decorrere dal 3 ottobre 2006, data di entrata in vigore del decreto, anche se i relativi piani sono stati deliberati in data anteriore.

Pertanto, con riferimento alle assegnazioni di azioni effettuate nel periodo che va dal 5 luglio 2006 al 2 ottobre 2006 si rendono applicabili le disposizioni contenute nel decreto-legge n. 223 del 2006, tra cui quella relativa al vincolo retributivo e alla detenzione quinquennale di tutte le azioni ricevute.

Si ricorda, al riguardo, che l’art. 36, comma 26, del d.l. n. 223 prevede che le disposizioni in commento si applicano alle assegnazioni effettuate “successivamente” alla data di entrata in vigore del decreto medesimo (4 luglio 2006).

Articolo tratto dal sito ufficiale dell’Agenzia delle Entrate

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