Legge 5 febbraio 1992, n. 104
(in GU del 17 febbraio 1992)

Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate

Art. 1 – Finalità – 

1. La Repubblica:

a) garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società
b) previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali;
c) persegue il recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali e assicura i servizi e le prestazioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle minorazioni, nonché la tutela giuridica ed economica della persona handicappata;
d) predispone interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona handicappata.

Art. 2 – Principi generali –

1. La presente legge detta i principi dell’ordinamento in materia di diritti, integrazione sociale ed assistenza della persona handicappata. Essa costituisce inoltre riforma economico-sociale della repubblica, ai sensi dell’art. 4 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5.

Art. 3 – Soggetti aventi diritto –

1. è persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.

2. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative.

3. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.

4. La presente legge si applica anche agli stranieri e agli apolidi, residenti, domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio nazionale. Le relative prestazioni sono corrisposte nei limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione o da accordi internazionali.

Art. 4 – Accertamento dell’handicap –

1. Gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell’intervento assistenziale permanente e alla capacità complessiva individuale residua, di cui all’art. 3, sono effettuati dalle unità sanitarie locali mediante le commissioni mediche di cui all’art. 1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295, che sono integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le unità sanitarie locali.

Art. 5 – Principi generali per i diritti della persona handicappata –

1. La rimozione delle cause invalidanti, la promozione dell’autonomia e la realizzazione dell’integrazione sociale sono perseguite attraverso i seguenti obiettivi:

a) sviluppare la ricerca scientifica, genetica, biomedica, psicopedagogica, sociale e tecnologica anche mediante programmi finalizzati concordati con istituzioni pubbliche e private, in particolare con le sedi universitarie, con il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), con i servizi sanitari e sociali, considerando la persona handicappata e la sua famiglia, se coinvolti, soggetti partecipi e consapevoli della ricerca;
b) assicurare la prevenzione, la diagnosi e la terapia prenatale e precoce delle minorazioni e la ricerca sistematica delle loro cause;
c) garantire l’intervento tempestivo dei servizi terapeutici e riabilitativi, che assicuri il recupero consentito dalle conoscenze scientifiche e dalle tecniche attualmente disponibili, il mantenimento della persona handicappata nell’ambiente familiare e sociale, la sua integrazione e partecipazione alla vita sociale;
d) assicurare alla famiglia della persona handicappata un’informazione di carattere sanitario e sociale per facilitare la comprensione dell’evento, anche in relazione alle possibilità di recupero e di integrazione della persona handicappata nella società
e) assicurare nella scelta e nell’attuazione degli interventi socio-sanitari la collaborazione della famiglia, della comunità e della persona handicappata, attivandone le potenziali capacità;
f) assicurare la prevenzione primaria e secondaria di tutte le fasi della maturazione e di sviluppo del bambino e del soggetto minore per evitare o constatare tempestivamente l’insorgenza della minorazione o per ridurre e superare i danni della minorazione sopraggiunta;
g) attuare il decentramento territoriale dei servizi e degli interventi rivolti alla prevenzione, al sostegno e al recupero della persona handicappata, assicurando il coordinamento e l’integrazione con gli altri servizi territoriali sulla base degli accordi di programma di cui all’art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142;
h) garantire alla persona handicappata e alla famiglia adeguato sostegno psicologico e psicopedagogico, servizi di aiuto personale o familiare, strumenti e sussidi tecnici, prevedendo, nei casi strettamente necessari e per il periodo indispensabile, interventi economici integrativi per il raggiungimento degli obiettivi di cui al presente articolo;
i) promuovere, anche attraverso l’apporto di enti e di associazioni, iniziative permanenti di informazione e di partecipazione della popolazione, per la prevenzione e la cura degli handicap, la riabilitazione e l’inserimento sociale di chi ne è colpito;
l) garantire il diritto alla scelta dei servizi ritenuti più idonei anche al di fuori della circoscrizione territoriale;
m) promuovere il superamento di ogni forma di emarginazione e di esclusione sociale anche mediante l’attivazione dei servizi previsti dalla presente legge.

Art. 6 – Prevenzione e diagnosi precoce –

1. Gli interventi per la prevenzione e la diagnosi prenatale e precoce delle minorazioni si attuano nel quadro della programmazione sanitaria di cui agli artt. 53 e 55 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni.

2. Le regioni, conformemente alle competenze e alle attribuzioni di cui alla legge 8 giugno 1990, n. 142, e alla legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni, disciplinano entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge:

a) l’informazione e l’educazione sanitaria della popolazione sulle cause e sulle conseguenze dell’handicap, nonché sulla prevenzione in fase preconcezionale, durante la gravidanza, il parto, il periodo neonatale e nelle varie fasi di sviluppo della vita, e sui servizi che svolgono tali funzioni;
b) l’effettuazione del parto con particolare rispetto dei ritmi e dei bisogni naturali della partoriente e del nascituro;
c) l’individuazione e la rimozione, negli ambienti di vita e di lavoro, dei fattori di rischio che possono determinare malformazioni congenite e patologie invalidanti;
d) i servizi per la consulenza genetica e la diagnosi prenatale e precoce per la prevenzione delle malattie genetiche che possono essere causa di handicap fisici, psichici, sensoriali di neuromotulesioni;
e) il controllo periodico della gravidanza per la individuazione e la terapia di eventuali patologie complicanti la gravidanza e la prevenzione delle loro conseguenze;
f) l’assistenza intensiva per la gravidanza, i parti e le nascite a rischio;
g) nel periodo neonatale, gli accertamenti utili alla diagnosi precoce delle malformazioni e l’obbligatorietà del controllo per l’individuazione e il tempestivo trattamento dell’ipotiroidismo congenito, della fenilchetonuria e della fibrosi cistica. Le modalità dei controlli e della loro applicazione sono disciplinate con atti di indirizzo e coordinamento emanati ai sensi dell’art. 5, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Con tali atti possono essere individuate altre forme di endocrinopatie e di errori congeniti del metabolismo alle quali estendere l’indagine per tutta la popolazione neonatale;
h) un’attività di prevenzione permanente che tuteli i bambini fin dalla nascita anche mediante il coordinamento con gli operatori degli asili nido, delle scuole materne e dell’obbligo, per accertare l’inesistenza o l’insorgenza di patologie e di cause invalidanti e con controlli sul bambino entro l’ottavo giorno, al trentesimo giorno, entro il sesto ed il nono mese di vita e ogni due anni dal compimento del primo anno di vita. è istituito a tale fine un libretto sanitario personale, con le caratteristiche di cui all’art. 27 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, su cui sono riportati i risultati dei suddetti controlli ed ogni altra notizia sanitaria utile a stabilire lo stato di salute del bambino;
i) gli interventi informativi, educativi, di partecipazione e di controllo per eliminare la nocività ambientale e prevenire gli infortuni in ogni ambiente di vita e di lavoro, con particolare riferimento agli incidenti domestici.

3. Lo Stato promuove misure di profilassi atte a prevenire ogni forma di handicap, con particolare riguardo alla vaccinazione contro la rosolia.

Art. 7 – Cura e riabilitazione –

1. La cura e la riabilitazione della persona handicappata si realizzano con programmi che prevedano prestazioni sanitarie e sociali integrate tra loro, che valorizzino le abilità di ogni persona handicappata e agiscano sulla globalità della situazione di handicap, coinvolgendo la famiglia e la comunità A questo fine il Servizio sanitario nazionale, tramite le strutture proprie o convenzionate, assicura:

a) gli interventi per la cura e la riabilitazione precoce della persona handicappata, nonché gli specifici interventi riabilitativi e ambulatoriali, a domicilio o presso i centri socio-riabilitativi ed educativi a carattere diurno o residenziale di cui all’art. 8, comma 1, lettera l);
b) la fornitura e la riparazione di apparecchiature, attrezzature, protesi e sussidi tecnici necessari per il trattamento delle menomazioni.

2. Le regioni assicurano la completa e corretta informazione sui servizi ed ausili presenti sul territorio, in Italia e all’estero.

Art. 8 – Inserimento ed integrazione sociale –

1. L’inserimento e l’integrazione sociale della persona handicappata si realizzano mediante:

a) interventi di carattere socio-psicopedagogico, di assistenza sociale e sanitaria a domicilio, di aiuto domestico e di tipo economico ai sensi della normativa vigente, a sostegno della persona handicappata e del nucleo familiare in cui è inserita;
b) servizi di aiuto personale alla persona handicappata in temporanea o permanente grave limitazione dell’autonomia personale;
c) interventi diretti ad assicurare l’accesso agli edifici pubblici e privati e ad eliminare o superare le barriere fisiche e architettoniche che ostacolano i movimenti nei luoghi pubblici o aperti al pubblico;
d) provvedimenti che rendano effettivi il diritto all’informazione e il diritto allo studio della persona handicappata, con particolare riferimento alle dotazioni didattiche e tecniche, ai programmi, a linguaggi specializzati, alle prove di valutazione e alla disponibilità di personale appositamente qualificato, docente e non docente;
e) adeguamento delle attrezzature e del personale dei servizi educativi, sportivi, di tempo libero e sociali;
f) misure atte a favorire la piena integrazione nel mondo del lavoro, in forma individuale o associata, e la tutela del posto di lavoro anche attraverso incentivi diversificati;
g) provvedimenti che assicurino la fruibilità dei mezzi di trasporto pubblico e privato e la organizzazione di trasporti specifici;
h) affidamenti e inserimenti presso persone e nuclei familiari;
i) organizzazione e sostegno di comunità-alloggio, case-famiglia e analoghi servizi residenziali inseriti nei centri abitati per favorire la deistituzionalizzazione e per assicurare alla persona handicappata, priva anche temporaneamente di una idonea sistemazione familiare, naturale o affidataria, un ambiente di vita adeguato;
l) istituzione o adattamento di centri socio-riabilitativi ed educativi diurni, a valenza educativa, che perseguano lo scopo di rendere possibile una vita di relazione a persone temporaneamente o permanentemente handicappate, che abbiano assolto l’obbligo scolastico, e le cui verificate potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione lavorativa. Gli standard dei centri socio-riabilitativi sono definiti dal ministro della Sanità, di concerto con il ministro per gli Affari Sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di cui all’art. 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
m) organizzazione di attività extrascolastiche per integrare ed estendere l’attività educativa in continuità ed in coerenza con l’azione della scuola.

Art. 9 – Servizio di aiuto personale –

1. Il servizio di aiuto personale, che può essere istituito dai comuni o dalle unità sanitarie locali nei limiti delle proprie ordinarie risorse di bilancio, è diretto ai cittadini in temporanea o permanente grave limitazione dell’autonomia personale non superabile attraverso la fornitura di sussidi tecnici, informatici, protesi o altre forme di sostegno rivolte a facilitare l’autosufficienza e le possibilità di integrazione dei cittadini stessi, e comprende il servizio di interpretariato per i cittadini non udenti.

2. Il servizio di aiuto personale è integrato con gli altri servizi sanitari e socio-assistenziali esistenti sul territorio e può avvalersi dell’opera aggiuntiva di:

a) coloro che hanno ottenuto il riconoscimento dell’obiezione di coscienza ai sensi della normativa vigente, che ne facciano richiesta;
b) cittadini di età superiore ai 18 anni che facciano richiesta di prestare attività volontaria;
c) organizzazioni di volontariato.

3. Il personale indicato alle lettere a), b), c) del comma 2 deve avere una formazione specifica.

4. Al personale di cui alla lettera b) del comma 2 si estende la disciplina dettata dall’art. 2, comma 2, della legge 11 agosto 1991, n. 266.

Art. 10 – Interventi a favore di persone con handicap in situazione di gravità –

1. I comuni, anche consorziati tra loro o con le province, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali, nell’ambito delle competenze in materia di servizi sociali loro attribuite dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, possono realizzare con le proprie ordinarie risorse di bilancio, assicurando comunque il diritto alla integrazione sociale e scolastica secondo le modalità stabilite dalla presente legge e nel rispetto delle priorità degli interventi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, comunità-alloggio e centri socio-riabilitativi per persone con handicap in situazione di gravità

2. Le strutture di cui alla lettera l) e le attività di cui alla lettera m) del comma 1 dell’art. 8 sono realizzate d’intesa con il gruppo di lavoro per l’integrazione scolastica di cui all’art. 15 e con gli organi collegiali della scuola.

3. Gli enti di cui al comma 1 possono contribuire, mediante appositi finanziamenti, previo parere della regione sulla congruità dell’iniziativa rispetto ai programmi regionali, alla realizzazione e al sostegno di comunità-alloggio e centri socio-riabilitativi per persone handicappate in situazione di gravità, promossi da enti, associazioni, fondazioni, istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (IPAB), società cooperative e organizzazioni di volontariato iscritte negli albi regionali.

4. Gli interventi di cui ai commi 1 e 3 del presente articolo possono essere realizzati anche mediante le convenzioni di cui all’art. 38.

5. Per la collocazione topografica, l’organizzazione e il funzionamento, le comunità-alloggio e i centri socio-riabilitativi devono essere idonei a perseguire una costante socializzazione dei soggetti ospiti, anche mediante iniziative dirette a coinvolgere i servizi pubblici e il volontariato.

6. L’approvazione dei progetti edilizi presentati da soggetti pubblici o privati concernenti immobili da destinare alle comunità-alloggio ed ai centri socio-riabilitativi di cui ai commi 1 e 3, con vincolo di destinazione almeno ventennale all’uso effettivo dell’immobile per gli scopi di cui alla presente legge, ove localizzati in aree vincolate o a diversa specifica destinazione, fatte salve le norme previste dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497, e successive modificazioni, e dal D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, costituisce variante del piano regolatore. Il venir meno dell’uso effettivo per gli scopi di cui alla presente legge prima del ventesimo anno comporta il ripristino della originaria destinazione urbanistica dell’area.

Art. 11 – Soggiorno all’estero per cure –

1. Nei casi in cui vengano concesse le deroghe di cui all’art. 7 del decreto del ministro della Sanità 3 novembre 1989, pubblicato nella G.U. n. 273 del 22 novembre 1989, ove nel centro di altissima specializzazione estero non sia previsto il ricovero ospedaliero per tutta la durata degli interventi autorizzati, il soggiorno dell’assistito e del suo accompagnatore in albergo o strutture collegate con il centro è equiparato a tutti gli effetti alla degenza ospedaliera ed è rimborsabile nella misura prevista dalla deroga.

2. La commissione centrale presso il Ministero della Sanità di cui all’art. 8 del decreto del ministro della Sanità 3 novembre 1989, pubblicato nella G.U. n. 273 del 22 novembre 1989, esprime il parere sul rimborso per i soggiorni collegati agli interventi autorizzati delle regioni sulla base di criteri fissati con atto di indirizzo e coordinamento emanato ai sensi dell’art. 5, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, con il quale sono disciplinate anche le modalità della corresponsione di acconti alle famiglie.

Art. 12 – Diritto all’educazione e all’istruzione –

1. Al bambino da 0 a 3 anni handicappato è garantito l’inserimento negli asili nido.

2. è garantito il diritto all’educazione e all’istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie.

3. L’integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione.

4. L’esercizio del diritto all’educazione e all’istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all’handicap.

5. All’individuazione dell’alunno come persona handicappata ed all’acquisizione della documentazione risultante dalla diagnosi funzionale, fa seguito un profilo dinamico-funzionale ai fini della formulazione di un piano educativo individualizzato, alla cui definizione provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei genitori della persona handicappata, gli operatori delle unità sanitarie locali e, per ciascun grado di scuola, personale insegnante specializzato della scuola, con la partecipazione dell’insegnante operatore psico-pedagogico individuato secondo criteri stabiliti dal ministro della P.I. Il profilo indica le caratteristiche fisiche, psichiche e sociali ed affettive dell’alunno e pone in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situazione di handicap e le possibilità di recupero, sia le capacità possedute che devono essere sostenute, sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della persona handicappata.

6. Alla elaborazione del profilo dinamico-funzionale iniziale seguono, con il concorso degli operatori delle unità sanitarie locali, della scuola e delle famiglie, verifiche per controllare gli effetti dei diversi interventi e l’influenza esercitata dall’ambiente scolastico.

7. I compiti attribuiti alle unità sanitarie locali dai commi 5 e 6 sono svolti secondo le modalità indicate con apposito atto di indirizzo e coordinamento emanato ai sensi dell’art. 5, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

8. Il profilo dinamico-funzionale è aggiornato a conclusione della scuola materna, della scuola elementare e della scuola media e durante il corso di istruzione secondaria superiore.

9. Ai minori handicappati soggetti all’obbligo scolastico, temporaneamente impediti per motivi di salute a frequentare la scuola, sono comunque garantite l’educazione e l’istruzione scolastica. A tal fine il provveditore agli studi, d’intesa con le unità sanitarie locali e i centri di recupero e di riabilitazione, pubblici e privati, convenzionati con i Ministeri della Sanità e del Lavoro e della previdenza sociale, provvede alla istituzione, per i minori ricoverati, di classi ordinarie quali sezioni staccate della scuola statale. A tali classi possono essere ammessi anche i minori ricoverati nei centri di degenza, che non versino in situazione di handicap e per i quali sia accertata l’impossibilità della frequenza della scuola dell’obbligo per un periodo non inferiore a trenta giorni di lezione. La frequenza di tali classi, attestata dall’autorità scolastica mediante una relazione sulle attività svolte dai docenti in servizio presso il centro di degenza, è equiparata ad ogni effetto alla frequenza delle classi alle quali i minori sono iscritti.

10. Negli ospedali, nelle cliniche e nelle divisioni pediatriche gli obiettivi di cui al presente articolo possono essere perseguiti anche mediante l’utilizzazione di personale in possesso di specifica formazione psicopedagogica che abbia una esperienza acquisita presso i nosocomi o segua un periodo di tirocinio di un anno sotto la guida di personale esperto.

Art. 13 – Integrazione scolastica –

1. L’integrazione scolastica della persona handicappata nelle sezioni e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado e nelle università si realizza, fermo restando quanto previsto dalle leggi 11 maggio 1976, n. 360, e 4 agosto 1977, n. 517, e successive modificazioni, anche attraverso:

a) la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con altre attività sul territorio gestite da enti pubblici o privati. A tale scopo gli enti locali, gli organi scolastici e le unità sanitarie locali, nell’ambito delle rispettive competenze, stipulano gli accordi di programma di cui all’art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del ministro della P.I., d’intesa con i ministri degli Affari sociali e della Sanità, sono fissati gli indirizzi per la stipula degli accordi di programma. Tali accordi di programma sono finalizzati alla predisposizione, attuazione e verifica congiunta di progetti educativi, riabilitativi e di socializzazione individualizzati, nonché a forme di integrazione tra attività scolastiche e attività integrative extrascolastiche. Negli accordi sono altresì previsti i requisiti che devono essere posseduti dagli enti pubblici e privati ai fini della partecipazione alle attività di collaborazione coordinate;
b) la dotazione alle scuole e alle università di attrezzature tecniche e di sussidi didattici nonché di ogni altra forma di ausilio tecnico, ferma restando la dotazione individuale di ausili e presidi funzionali all’effettivo esercizio del diritto allo studio, anche mediante convenzioni con centri specializzati, aventi funzione di consulenza pedagogica, di produzione e adattamento di specifico materiale didattico;
c) la programmazione da parte dell’università di interventi adeguati sia al bisogno della persona sia alla peculiarità del piano di studio individuale;
d) l’attribuzione, con decreto del ministro dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di incarichi professionali ad interpreti da destinare alle università, per facilitare la frequenza e l’apprendimento di studenti non udenti;
e) la sperimentazione di cui al D.P.R. 31 maggio 1974, n. 419, da realizzare nelle classi frequentate da alunni con handicap.

2. Per le finalità di cui al comma 1, gli enti locali e le unità sanitarie locali possono altresì prevedere l’adeguamento dell’organizzazione e del funzionamento degli asili nido alle esigenze dei bambini con handicap, al fine di avviarne precocemente il recupero, la socializzazione e l’integrazione, nonché l’assegnazione di personale docente specializzato e di operatori ed assistenti specializzati.

3. Nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai sensi del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni, l’obbligo per gli enti locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati.

4. I posti di sostegno per la scuola secondaria di secondo grado sono determinati nell’ambito dell’organico del personale in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge in modo da assicurare un rapporto almeno pari a quello previsto per gli altri gradi di istruzione e comunque entro i limiti delle disponibilità finanziarie all’uopo preordinate dall’art. 42, comma 6, lettera h).

5. Nella scuola secondaria di primo e secondo grado sono garantite attività didattiche di sostegno, con priorità per le iniziative sperimentali di cui al comma 1, lettera e), realizzate con docenti di sostegno specializzati, nelle aree disciplinari individuate sulla base del profilo dinamico-funzionale e del conseguente piano educativo individualizzato.

6. Gli insegnanti di sostegno assumono la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui operano, partecipano alla programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di interclasse, dei consigli di classe e dei collegi dei docenti.

Art. 14 – Modalità di attuazione dell’integrazione –

1. Il ministro della P.I. provvede alla formazione e all’aggiornamento del personale docente per l’acquisizione di conoscenze in materia di integrazione scolastica degli studenti handicappati, ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. 23 agosto 1988, n. 399, nel rispetto delle modalità di coordinamento con il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica, di cui all’art. 4 della legge 9 maggio 1989, n. 168. Il ministro della P.I. provvede altresì

a) all’attivazione di forme sistematiche di orientamento, particolarmente qualificate per la persona handicappata, con inizio almeno dalla prima classe della scuola secondaria di primo grado;
b) all’organizzazione dell’attività educativa e didattica secondo il criterio della flessibilità nell’articolazione delle sezioni e delle classi, anche aperte, in relazione alla programmazione scolastica individualizzata;
c) a garantire la continuità educativa fra i diversi gradi di scuola, prevedendo forme obbligatorie di consultazione tra insegnanti del ciclo inferiore e del ciclo superiore ed il massimo sviluppo dell’esperienza scolastica della persona handicappata in tutti gli ordini e gradi di scuola, consentendo il completamento della scuola dell’obbligo anche sino al compimento del diciottesimo anno di età nell’interesse dell’alunno, con deliberazione del collegio dei docenti, sentiti gli specialisti di cui all’art. 4, secondo comma, lettera l), del D.P.R. 31 maggio 1974, n. 416, su proposta del consiglio di classe o di interclasse, può essere consentita una terza ripetenza in singole classi.

2. I piani di studio delle scuole di specializzazione di cui all’art. 4 della legge 19 novembre 1990, n. 341, per il conseguimento del diploma abilitante all’insegnamento nelle scuole secondarie, comprendono, nei limiti degli stanziamenti già preordinati in base alla legislazione vigente per la definizione dei suddetti piani di studio, discipline facoltative, attinenti all’integrazione degli alunni handicappati, determinate ai sensi dell’art. 4, comma 3, della citata legge n. 341 del 1990. Nel diploma di specializzazione conseguito ai sensi del predetto art. 4 deve essere specificato se l’insegnante ha sostenuto gli esami relativi all’attività didattica di sostegno per le discipline cui il diploma stesso si riferisce, nel qual caso la specializzazione ha valore abilitante anche per l’attività didattica di sostegno.

3. La tabella del corso di laurea definita ai sensi dell’art. 3, comma 3, della citata legge n. 341 del 1990 comprende, nei limiti degli stanziamenti già preordinati in base alla legislazione vigente per la definizione delle tabelle dei corsi di laurea, insegnamenti facoltativi attinenti all’integrazione scolastica degli alunni handicappati. Il diploma di laurea per l’insegnamento nelle scuole materne ed elementari di cui all’art. 3, comma 2, della citata legge n. 341 del 1990 costituisce titolo per l’ammissione ai concorsi per l’attività didattica di sostegno solo se siano stati sostenuti gli esami relativi, individuati come obbligatori per la preparazione all’attività didattica di sostegno, nell’ambito della tabella suddetta definita ai sensi dell’art. 3, comma 3, della medesima legge n. 341 del 1990.

4. L’insegnamento delle discipline facoltative previste nei piani di studio delle scuole di specializzazione di cui al comma 2 e dei corsi di laurea di cui al comma 3 può essere impartito anche da enti o istituti specializzati all’uopo convenzionati con le università, le quali disciplinano le modalità di espletamento degli esami e i relativi controlli. I docenti relatori dei corsi di specializzazione devono essere in possesso del diploma di laurea e del diploma di specializzazione.

5. Fino alla prima applicazione dell’art. 9 della citata legge n. 341 del 1990, relativamente alle scuole di specializzazione si applicano le disposizioni di cui al D.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, e successive modificazioni, al D.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970, e all’art. 65 della legge 20 maggio 1982, n. 270.

6. L’utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione è consentita unicamente qualora manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati.

7. Gli accordi di programma di cui all’art. 13, comma 1, lettera a), possono prevedere lo svolgimento di corsi di aggiornamento comuni per il personale delle scuole, delle unità sanitarie locali e degli enti locali, impegnati in piani educativi e di recupero individualizzati.

Art. 15 – Gruppi di lavoro per l’integrazione scolastica –

1. Presso ogni ufficio scolastico provinciale è istituito un gruppo di lavoro composto da: un ispettore tecnico nominato dal provveditore agli studi, un esperto della scuola utilizzato ai sensi dell’art. 14, decimo comma, della legge 20 maggio 1982, n. 270, e successive modificazioni, due esperti designati dagli enti locali, tre esperti designati dalle associazioni delle persone handicappate maggiormente rappresentative a livello provinciale nominati dal provveditore agli studi sulla base dei criteri indicati dal ministro della P.I. entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il gruppo di lavoro dura in carica tre anni.

2. Presso ogni circolo didattico ed istituto di scuola secondaria di primo e secondo grado sono costituiti gruppi di studio e di lavoro composti da insegnanti, operatori dei servizi, familiari e studenti con il compito di collaborare alle iniziative educative e di integrazione predisposte dal piano educativo.

3. I gruppi di lavoro di cui al comma 1 hanno compiti di consulenza e proposta al provveditore agli studi, di consulenza alle singole scuole, di collaborazione con gli enti locali e le unità sanitarie locali per la conclusione e la verifica dell’esecuzione degli accordi di programma di cui agli artt. 13, 39 e 40, per l’impostazione e l’attuazione dei piani educativi individualizzati, nonché per qualsiasi altra attività inerente all’integrazione degli alunni in difficoltà di apprendimento.

4. I gruppi di lavoro predispongono annualmente una relazione da inviare al ministro della P.I. ed al presidente della giunta regionale. Il presidente della giunta regionale può avvalersi della relazione ai fini della verifica dello stato di attuazione degli accordi di programma di cui agli artt. 13, 39 e 40.

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