Molto remunerativi, questa classe di fondi è disponibile al pubblico solo da un triennio circa, a seguito degli adeguamenti normativi che lo hanno permesso.


Dossier suddiviso in 3 parti: 
1° parte : I fondi immobiliari chiusi:
Generalità
2° parte : I fondi immobiliari chiusi:
I costi
3° parte : I fondi immobiliari chiusi:
Il rovescio della medaglia

Generalità

Immobiliari: 
perché, in origine, possono investire, fino al 90% (con un 10% di liquidità di servizio), in immobili, in diritti reali di godimento sugli stessi, in partecipazioni di controllo in società immobiliari non quotate. 
Chiusi: 
perchè , in origine, costituiti da un capitale e da un numero di quote predefiniti.

Da non confondere con i fondi mobiliari aperti specializzati immobiliari, che investono in azioni di società che svolgono attività collegate alla sfera immobiliare.

I fondi immobiliari chiusi hanno questa forma perché debbono procurarsi un proprio parco immobiliare, e quindi disporre di un patrimonio adeguato al servizio delle relative acquisizioni e alla loro manutenzione, almeno fino all’entrata a regime della reddititività.
Questa classe di fondi è realmente disponibile per il pubblico solo da un triennio circa, a seguito degli adeguamenti normativi che lo hanno permesso. 
Dal DL 351 del 2001, attraverso la legge 410/01, e successivamente il decreto attuativo 47 del gennaio 2003, l’evoluzione ha portato a variazioni molto importanti, tra le quali:

è stato ridotto il lotto minimo dai 100 milioni precedenti ai 3 attuali ( di lire);
è stato istituito l’obbligo di quotazione in Borsa entro 24 mesi dalla chiusura del collocamento;
è stato applicato un regime fiscale che prevede una tassa patrimoniale (1%) in capo al fondo e nessuna tassazione sul capital gain;
è stata sancita la possibilità di regolamentare, all’interno del fondo stesso, una o più emissioni successive di quote;
è stato ampliata e semplificata la possibilità di utilizzo della leva finanziaria;
è stata individuata in ” misura non inferiore di 2/3 del valore complessivo” del fondo la sua partecipazione in “beni immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni in societa’ immobiliari”.

Una Sgr (società di gestione del risparmio) il cui patrimonio è distinto da quello del fondo, ne gestisce il capitale minimo di 100 milioni di euro.

La durata minima del fondo è di 10 anni, la massima di 30; alla scadenza, il patrimonio viene ripartito, e distribuito, come previsto nel prospetto informativo (che si consiglia sempre di leggere). E’ previsto un obiettivo di rendimento (mediamente del 5%), che ad oggi, alcuni fondi hanno anche superato, e distribuito, avvalendosi della possibilità, nel regolamento, di remunerare i partecipanti con dividendi di acconto.

Nuova norma “..ove il regolamento del fondo preveda emissioni successive alla prima, i rimborsi anticipati hanno luogo con la medesima frequenza ed in coincidenza con le nuove emissioni.”. Semestralmente e ” in coincidenza con le nuove emissioni” viene certificato e pubblicato il NAV del fondo, redatto da una commissione di esperti esterni.

I fondi immobiliari chiusi italiani fino ad oggi sono una quindicina, 8 già negoziati in Borsa. Investono in immobili ad “alta profittabilità” dell’area commerciale e del terziario: blocchi di uffici, cinema, centri commerciali e di servizi, cliniche, alberghi, aree dimesse, ecc.

Stanno nascendo i fondi immobiliari chiusi ad apporto, che invece di acquistare immobili sul mercato, mettono a disposizione i propri (esempio il fondo Alpha, con gli immobili dell’INPDAI) con un rumoroso conflitto di interesse, peraltro non percepito dallo sclerotico timpano del legislatore; ed è prevedibile che, come per i simili strumenti anglosassoni ed americani, si moltiplichino a breve le specializzazioni per aree geografiche e per tipologia di immobili.

Articolo scritto da Antonio Lucenti – BCV Gestion sim spa 
Per informazioni scrivere a
lucenti@antoniolucenti.it
Tel 02 58303435

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