Il problema del se, come e perché pubblicare articoli scritti da terzi in una rivista propria ma che sia messa a disposizione del pubblico è da sempre troppo poco sentito e fortemente sottovalutato ed il problema si fa tanto più delicato se la rivista in questione è in realtà un sito Internet.

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L’analisi è mirata allo specifico di una ipotetica rivista che, a scopo commerciale, pubblichi articoli di terzi a fini comparativi di prodotti appunto commerciali (si pensi alle riviste mediche che le ditte farmaceutiche inviano agli esperti del settore al fine di reclamizzare i propri prodotti, ad esempio).

Ma un esempio più concreto ed immediato ce lo può fornire quello di un giornalino a diffusione anche solo di quartiere, una “rassegna stampa” a diffusione locale… 

Ebbene, stabilito il presupposto che ex art. 13 della legge 22 aprile 1941, n. 633 (d’ora in avanti l.d.a.) “il diritto esclusivo di riprodurre ha per oggetto la moltiplicazione in copie diretta o indiretta…”, e che tale articolo di legge fissa in capo all’autore tale diritto, occorre tenere peraltro presente che la Convenzione di Berna (legge 20 giugno 1978, n. 399) prevede al suo art. 10 che “sono lecite le citazioni tratte da un’opera già resa lecitamente accessibile al pubblico, nonché le citazioni di articoli di giornali e riviste periodiche nella forma di rassegna di stampe, a condizione che dette citazioni siano fatte conformemente ai buoni usi e nella misura giustificata dallo scopo”.

Si tratta ora di chiarire cosa si intenda per “rassegna di stampe”, giacché da ciò dipende la legittimità o meno della creazione di una rivista che svolga esattamente questo compito. Ci può tornare più utile in tal caso ragionare a contrario: l’art. 101 l.d.a. stabilisce l’illiceità della riproduzione di informazioni o notizie qualora non sia effettuata con l’impiego di atti contrari agli usi onesti in materia giornalistica e non se ne citi la fonte. Fin qui, nulla di troppo difficile da gestire: sarebbe sufficiente citare la fonte dell’articolo per non rientrare nella fattispecie prevista dall’articolo stesso.

Un problema si presenta piuttosto qualora, ex art. 101 comma 2, punto b), la rassegna di stampe consista in una “riproduzione sistematica di informazioni o notizie, pubblicate o radiodiffuse, a fine di lucro”: è innegabile che determinate riviste hanno uno scopo di lucro (e qui torna utile l’esempio di una rivista a carattere periodico quali quelle che le ditte farmaceutiche inviano agli esperti del settore). Si noti però come la legge parli di “riproduzione sistematica di informazioni o notizie”. Occorre dunque prestare attenzione a che la rassegna di stampe non risulti nei fatti essere una pedissequa trasposizione di articoli apparsi su altre riviste – riviste cui questi stessi articoli erano in primis destinati, e quindi che hanno assolto ogni dovere in tema di diritto d’autore. 

Ora, se è vero che comunemente si ritiene che l’art. 65 l.d.a. concerna direttamente il problema delle rassegne di stampe, ritengo oggettivamente difficile farvi rientrare la edizione e conseguente pubblicazione di una rivista avente un qualunque carattere o fine altro da quelli specifici presi in considerazione dall’articolo in questione, il quale parla espressamente solo e solamente di “articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso”. 

Ben diversa è a mio avviso l’applicazione dell’art. 70 l.d.a., il quale stabilisce al suo primo comma che “il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di brani di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l’utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali”. 

Mi sembra intuitivo che una rivista di tipo pubblicitario non ha fini di insegnamento o di ricerca, e questo evita la sussunzione del caso di specie nella seconda parte dell’articolo in questione. Si potrebbe al contrario ritenere che la rivista stessa abbia fini di critica o discussione, avuto presente che essa si compone di articoli originali oltre che di riproduzioni di articoli tratti da altre riviste, e che quindi risulterebbe essere impostata con finalità anche comparative.

Punto fisso della normativa in materia rimane peraltro l’obbligo tassativo di menzionare il titolo dell’opera e il nome dell’autore.

Riassumendo e concludendo dunque: la legge sul diritto d’autore permette le rassegne di stampe solamente nella misura in cui le stesse risultino composte di riassunti o citazioni di articoli altrui. 

L’inserimento di queste riduzioni in seno ad una rivista composta anche di articoli originali non può che essere vista favorevolmente, anche in conformità all’art. 10 della Convenzione di Berna. 

Ovviamente tutto ciò non rileva nel caso in cui la pubblicazione degli articoli in questione avvenga previa espressa autorizzazione degli editori delle riviste dalle quali gli stessi sono tratti (art. 13 l.d.a.).

Articolo a cura del Dott. Alessandro di Francia
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